27 apr 2013

Gian Franco Venè


Gian Franco Venè

L'idea del nomignolo in verità me la dette inconsapevolmente il Venè, infatti nelle mie altre attività extra lavoro, per passione mi diletto dalla giovane età a cantare canzoni popolari toscane insieme a un gruppetto di amici del mio paese a fare sporadiche sortite in commedie scritte per noi dal noto scrittore.

Nel 1986 Gianfranco Venè ci scrisse per la nostra Compagnia dei Ricomposti il Mastro Antonio, che narrava dello sventurato pittore di provenienza fiorentina che apri bottega ad  Anghiari, che iniziò, si dice, Piero della Francesca all'arte della pittura. Non feci altro che riprendere il mastro, e al posto dell'Antonio ci misi il Santi, visto e considerato che questo nome non lo avevo mai digerito, almeno spero che mi porti fortuna nell'avventura di artigiano.
la compagnia dei Ricomposti

Penso di avere molte ragioni per non mandare giù il mio nome che il mi babbo Laurino mi ha affibbiato, basti pensare a quando andavo a ballare o almeno ci provavo visto che sono un imbranato di prima categoria, provi ad agganciare una ragazza e gli chiedi come si chiama e lei ti chiede altrettanto e tu con la lingua fra i denti gli dicevi Santi ..no, e già avevi perso almeno la metà delle possibilità di riuscita. Sicuramente se mi chiamavo Paolo, che era il nome che mi voleva dare la mi mamma Edmonda sicuramente avrei avuto più possibilità.







Gian Franco Venè
Poco dopo l'apertura della mia bottega, mi venne a trovare  Gian Franco Venè noto scrittore che vinse il premio Bancarella ed era diventato direttore della importante rivista Panorama e creatore insieme al Sindaco di allora  Franco Talozzi del Premio Anghiari. Era un personaggio di grandissima cultura, che portò una ventata di colore al paese di Anghiari nel periodo tra la fine degli anni settanta fino alla sua morte nel 92. Che cosa centra uno scrittore con la costruzione di un mobile? Centra e se centra!!! La mia cultura del mobile e della sua costruzione proveniva dalla scuola e da quello che vedevo nelle botteghe degli artigiani locali che erano "restauratori" di mobili antichi, quindi anche le decorazioni intarsiate si riflettevano su queste tipologie. Uccellini, cavalli, upupa e angioletti intarsiati erano e sono le decorazioni più commerciabili e quindi di maggior produzione, la mia vetrina ne era abbastanza fornita di questo tipo di tarsie. Il Venè entrando nella mia bottega cominciò ad osservare i miei mobili mi fece i complimenti, perché erano fatti bene e avevano anche dei belli intarsi:-bravo - mi disse ma a me mi piacciono tutti altri intarsi. Francamente non è che capii al volo quello che voleva dire. Nei giorni successivi cominciai a meditare su i suoi discorsi sulla tarsia e mi ritornò alla mente qualche vaga erudizione scolastica, e le dritte del Beppe Nomi, mica il Venè voleva riferirsi alle tarsie rinascimentali!

Erano proprio quelle. Peccato che non ho avuto il modo di ringraziarlo per avermi dato la scintilla che mi ha fatto scoprire e studiare questa arte.
 È dall'ora che cominciai a pensare di creare un mobile moderno con intarsi che si rifacevano al periodo rinascimentale; scorci prospettici sportelli finti che si aprono e custodiscono oggetti messi alla rinfusa dentro delle nicchie come strumenti musicali, libri, clessidre o utensili per la realizzazione della tarsia.
L'idea mi sembrava buona. Il primo mobile che usci dalla mia mente fu una angoliera intarsiata, provai a proporla, ma dopo un annetto di commenti positivi da parte del pubblico come "ma lei è un'artista"!! l'angoliera me la sono messa in casa, visto che c'era un angolino vuoto!!  Il secondo tentativo fu un armadio bello veramente bello e , visto che le cose erano apprezzate però non si stringeva, pensai di prendere le misure di camera non si sa mai. Provai a esporlo, i soliti commenti lei è un'artista lo tenni in bottega per qualche anno e poi me lo portai a casa.
La mia testardaggine convinta da studi su libri e da partecipazioni a corsi di formazione per aggiornarmi sul tema delle tarsie e del restauro con persone che ne sapevano più di me, mi portarono a disegnare un altro mobile intarsiato. 
L'armadio è formato da sei pannelli lungo 390 e alto 230 centimetri rispettando la sezione aurea o proporzione divina, a me  piacciono le cose grandi! La pannellatura riprende una veduta della città ideale del quattrocento con degli archi e delle balaustre dove sono sistemati degli oggetti come gli strumenti musicali libri e il mazzocchio che significano la filosofia rinascimentale fondato sulla matematica. In questo periodo il mio amico Luca Paci mi fece conoscere il computer macchina infernale, che mi servì a disegnare la mia prima veduta matematica in perfetta prospettiva e in tre dimensioni; finalmente ho trovato quello che volevo disegnare una città ideale con il computer, riscoprire come fu per l'artista rinascimentale teorizzare e applicare la prospettiva ai quadri, unire l'informatica che non è altro che matematica al quadro di legno.
L'idea non era freschissima era una riscoperta della tarsia quattrocentesca che proprio sulla rivalutazione della prospettiva fece la sua fortuna come arte nuova. Tutti i più grandi artisti rinascimentali disegnarono quadri prospettici, Brunelleschi, Piero della Francesca, Leon Battista Alberti, Paolo Uccello, Botticelli, ecc.……anche questo lavoro lo portai a termine lo attaccai in bottega a modi quadro chissà se qualcuno fosse interessato, qualche contatto l'ho avuto ma non si è mai stretto niente, lo esposto poche volte stando attento a non farmi vedere troppo perché senno mi potevano dire che ero un'artista e a me dell'artista non è che mi riempiva la bocca, mi sarebbe piaciuto forse riempire la pancia, io sono un materialista.

Diciamo che ho fatto un investimento a lungo termine, ma intanto ho preso le misure del mio studio, e ho constatato che ci starebbe proprio bene a casa. 

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